THE INDEPENDENT. EUROPEAN ALTERNATIVES

Lanciato a Londra nel 2007 da Lorenzo Marsili e Niccolò Milanese, European Alternatives è un’organizzazione transnazionale della società civile e un movimento di cittadini che si fonda su un’idea alternativa dell’Europa. In dieci anni ha operato attraverso progetti, campagne, eventi, ricerche, pubblicazioni, workshop, corsi di formazione, in un insieme di attività condotte con l’appoggio di una vasta comunità di partner, attivisti e sostenitori in tutto il continente e oltre.

Nella cornice di The Independent, European Alternatives ha organizzato Terzo tempo / Overtime un progetto a due capitoli: una giornata di dibattiti e azioni intorno all’idea di Europa, prevista il 26 marzo 2017, data in cui ricorre il sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma e una mappa illustrata dall’artista Marco Raparelli, dedicata a dieci anni di movimenti sociali e culturali che hanno attraversato l’Europa dallo scoppio della crisi del 2007-2008 ad oggi.

THE INDEPENDENT. URBAN GORILLAS

Nato nel 2013 con sede a Cipro, Urban Gorillas è un’organizzazione non-profit gestita da un team multidisciplinare di appassionati urbanisti che si prefigura città sane, creative e socialmente inclusive.
Per The Independent il gruppo presenta Urban Spectacle, una serie di interventi pubblici per esplorare le attività umane basilari negli spazi urbani, partendo dal rapporto che s’instaura tra osservatore, attore e contesto spaziale, e cercando di avviare tra loro un nuovo dialogo.
Un progetto per stimolare i cittadini a superare i modi stereotipati di guardare all’altro e a interagire tra loro negli spazi pubblici.
Le ricerche condotte finora da Urban Gorillas hanno rivelato ad esempio che gli spazi pubblici di Cipro sono attualmente sottoutilizzati e socialmente segregati, un dato che prepara il terreno per metodi nuovi e innovativi di progettazione dello spazio pubblico. Ne è derivata un’azione ad ampio raggio con interventi urbani in vari contesti della città.

FouskoPolis public installation in Paphos Castle in collaboration with Plastique Fantastique | Green Urban Lab, 2015

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THE INDEPENDENT. UNA VETRINA

Fondata nel 2013 da Gianni Garrera, Giuseppe Garrera e Carlo Pratis, Una Vetrina è un luogo incessante per il consumo di pensieri e di visioni a occhi aperti: ciò che accade nel raggio critico di visione della vetrina è tutto il suo museo. Uno spazio in cui i contributi vengono messi in vetrina, all’attenzione o all’indifferenza di chi passa

Il progetto Mormorazione è legato alla vocazione verbale dello spazio di Una Vetrina, all’esposizione frequente di proclami, scritte, guai e deplorazioni con cui vengono recriminate rivoluzioni e utopie.
A intervenire sono artisti, filosofi e teologi con una scrittura essenziale e ripetitiva, senza elementi decorativi né segni superflui, indifferente a competenze grafiche. Il presupposto è che la più alta rappresentazione sia la parola: ogni iscrizione invoca la sostituzione della parola alla realtà e dichiara che l’elemento verbale è superiore a qualsiasi altra manifestazione d’arte. L’apparizione più alta è la visione di un discorso.

THE INDEPENDENT. BASE

Composto da undici artisti, il collettivo BASE / Progetti per l’arte racconta, con video e documenti, i suoi diciotto anni di vita come spazio indipendente a Firenze.

Il video wall trasmette una selezione di immagini delle opere site specific nate nello spazio di Firenze oltre a una serie di video-interviste agli artisti del collettivo a cura di Lorenzo Bruni. In esposizione anche la raccolta di tutti i materiali prodotti nei diciotto anni di vita e i manifesti realizzati per l’occasione dai singoli artisti del collettivo in cui manifestano la loro pratica in relazione al progetto di BASE.

BASE è un artist-run space con sede a Firenze animato da un collettivo che conta attualmente undici artisti membri: Mario Airò, Marco Bagnoli, Massimo Bartolini, Vittorio Cavallini, Yuki Ichihashi, Paolo Masi, Massimo Nannucci, Maurizio Nannucci, Paolo Parisi, Remo Salvadori, Enrico Vezzi.
Fondato nel 1998 come spazio non profit, ha proposto oltre sessanta mostre di artisti di livello internazionale con progetti ideati appositamente per lo spazio. Parallelamente sono stati realizzati cicli di incontri, proiezioni e concerti con cui stimolare una riflessione attiva sul ruolo della cultura oggi, anche in dialogo con la città e la sua storia, e sulle modalità di autodeterminazione aldilà delle coercizioni imposte dal mercato e dal sistema economico imperante.

THE INDEPENDENT. BOA MISTURA

Con Agopuntura nello spazio pubblico il gruppo multidisciplinare Boa Mistura porta al MAXXI una selezione di materiali del progetto di cambiamento sociale Crossroads indirizzato a comunità vulnerabili e ad alto rischio di emarginazione.

Tra le scale nella hall del museo un muro digitale formato da 14 monitor si anima di immagini, video e interviste che documentano gli interventi in Sud Africa, Messico, Panama, Algeria, Georgia, Cuba, Brasile, Kenya, Colombia, Nicaragua e Cile.
In questi luoghi Boa mistura ha stabilito un contatto con le comunità mediante dinamiche partecipative: gli abitanti dei vari quartieri sono stati coinvolti in un’azione di miglioramento estetico che modifica la percezione del luogo, rafforzando le relazioni delle persone con e nel proprio spazio vitale.

BOA MISTURA
Si sono conosciuti a 15 anni quando facevano graffiti sui muri del loro quartiere a Madrid. Oggi lavorano in tutto il mondo coinvolgendo intere comunità nella trasformazione delle strade in cui vivono attraverso la pittura.

NERO. La scrittura degli echi


La scrittura degli echi è un lavoro basato sul suono, un palinsesto giornaliero di contributi audio che vengono diffusi attraverso il sistema delle comunicazioni di servizio del museo per trasmettere una voce collettiva ed effimera: interventi liberi, originali e non, di diversi autori sotto forma di registrazioni, reading, estratti e sonorizzazioni.

Ogni giorno e in modo imprevisto
le sale del museo sono attraversate da tracce audio

Artistiscrittorifotografimusicisti e intellettuali hanno contribuito al progetto in modo libero, costruendo una storia “uditiva” originale e atipica: 90 voci di protagonisti della scena culturale italiana e internazionale, costruiscono una voce collettiva ed effimera capace di confrontarsi in modo indiretto con la struttura museale.

La scrittura degli echi raccoglie i contributi audio di: Acchiappashpirt, After Howl, Cory Arcangel, Gianfranco Baruchello, Chiara Barzini, Elisabetta Benassi, Riccardo Benassi, Alicja Bielawska, Ross Birrell, Massimiliano Bomba, Carola Bonfili and Francesco Fonassi, Giorgio Andreotta Calò, Giuseppe Casetti, Lorenzo Castore, Spartacus Chetwynd, Alessandro Cicoria, Mike Cooper, Claudia Comte, Matthias Connor with Oliver Payne and Brian Degraw, Nina Cristante, Enzo Cucchi, Tony Cutrone, Dario D’Aronco, Emanuele De Raymondi, Costantino Della Gherardesca, Goldschmied & Chiari, Filippo de Pisis, Rä di Martino, Stanislao Di Giugno, Canedicoda, Dunja Herzog, Esc, Bob Flanagan, Mario Garcia Torres, Gelitin, Francesca Grilli, Grip Casino, Helena Hladilová, Heroin In Tahiti, Invernomuto, Tobias Kaspar, Salvatore Lacagnina, Vincenzo Latronico, Emiliano Maggi, Marcello Maloberti, Miltos Manetas, Michele Manfellotto, Fabio Mauri, Mark Morgan, Maurizio Nannucci, Matteo Nasini, Caterina Nelli, Olaf Nicolai, Giorgio Orbi, Eddie Peake, Francesco Pecoraro, Nicola Pecoraro, Luana Perilli, Alessandro Piangiamore, Cesare Pietroiusti, Giuseppe Pietroniro, Fabio Marco Pirovino, Gianni Politi, Riccardo Previdi, Primitive Art, Federico Proietti, Marco Raparelli, Max Renkel, Moira Ricci, Claudio Rocchetti, Amelia Rosselli, Andrea Salvino, Thomas Sauter, Lele Saveri, Nora Schultz, Marinella Senatore, Lorenzo Senni, Sissi, Davide Stucchi, Tijana Mamula, Luca Trevisani, Patrick Tuttofuoco, Nico Vascellari, Valentina Vetturi, Johanna Viprey, Vipra, Luca Vitone.

THE INDEPENDENT_FOOD. POLLINARIA, ASPRA.MENTE, INTERFERENZE

Sviluppata a partire dal progetto The Independent, dedicato alla mappatura e alla presentazione degli spazi e del pensiero indipendente, la mostra analizza i temi del cibo e della nutrizione, approfonditi dal museo con la mostra FOOD dal Cucchiaio al mondo.
La mostra indirizza lo sguardo ad alcune fra le realtà indipendenti italiane che incentrano il proprio lavoro sulle questioni relative al cibo.
L’esposizione presenta gli interventi di tre gruppi – Pollinaria, Aspra.mente e Interferenze – su tre ingredienti fondamentali della dieta mediterranea: il grano, il pomodoro e il vino. Ognuno si aggiunge progressivamente all’altro producendo un palinsesto trasparente, visibile nella sua interezza alla conclusione del progetto. Un tavolo circolare al centro dello spazio rappresenta a livello simbolico la dimensione conviviale all’interno della quale vive il progetto. Ciascun gruppo partecipante ha coinvolto artisti e architetti per interpretare le molteplici e complesse declinazioni del cibo: esso diventa il veicolo per trattare questioni più ampie che interessano la sfera sociale, politica, economica del presente.

I progetti
Ogni contributo alla mostra è imperniato su un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea.

CONSORTIUN INSTABILE. POLLINARIA
Il grano è l’ingrediente su cui s’incentra il lavoro del collettivo Futurefarmers presentato da Pollinaria, residenza per artisti nelle campagne abruzzesi. In questa occasione il MAXXI ospita una tappa del progetto Consortium Instabile, realizzato in collaborazione con Radio Papesse e dedicato al tema della ruralità, declinato attraverso il medium della radio.

STRANGE FRUIT. ASPRA.MENTE
Il pomodoro è il soggetto scelto dal collettivo Aspra.mente, che ha attivato una collaborazione con il duo di designer Luigi Greco & Mattia Paco Rizzi, l’artista Luigi Coppola e l’attivista Donato Nuzzo. La cucina mobile da loro progettata, collocata al centro dello spazio, diventa la sede per lo svolgimento di numerose attività, fra cui un corso di formazione per cuochi indirizzato a migranti (in collaborazione con il centro Diaconia di Frosinone) e degustazioni.

AUSPICIO. INTERFERENZE
Il vino viene inteso come elemento conduttore narrativo nello storytelling del territorio nell’intervento proposto dal gruppo Interferenze. L’installazione, nata dalla collaborazione dei due artisti Enrico Ascoli e Hilario Isola, mette in scena il processo di fermentazione del mosto, esplorandone l’inedita dimensione sonora.

Via Borghesiana Philippe Vasset 2015

1 – Si j’étais de Borghesiana, je saurais qui a construit mon logement, et comment, et pourquoi. Mais je ne suis pas d’ici : j’habite un immeuble construit par d’autres. Je ne sais même pas qui.

2 – Si j’étais de Borghesiana, je me souviendrait de l’ouverture de ma rue, peut-être même aurais-je contribué à choisir son nom. Mais je ne suis pas d’ici : ma rue n’a pas d’histoire, et porte un nom qui m’est indifférent.

3 – Si j’étais de Borghesiana, je saurais que les trottoirs ne sont pas éternels : je les aurais vu naître, vieillir et mourir. Mais je ne suis pas de Borghesiana : le bitume a pour moi la fixité de la glace.

4 – If I were from Borghesiana, I would know my neighbours and their family. We would neither be friends, nor strangers, we’d be partners: sailors in the same boat. But I’m not from Borghesiana: a woman died in my building last month, I had never met her.

5 – If I were from Borghesiana, I would have built my neighbourhood parish with collected wood. But I’m not from Borghesiana: my local church looks like a derelict museum, and it’s always empty.

6 – If I were from Borghesiana, I would never use the word “suburbs”: it would be meaningless. There would be no periphery, and no center. But I’m not from Borghesiana, and I do say “suburbs”. I use to mean “over there”, where “they” live.

7 – Si j’étais de Borghesiana, je ne ferais jamais de faire-part. J’annoncerais les grands évènements, les morts et les mariages, par le biais d’affiches collés sur les murs. Mais je ne suis pas de Borghesiana : les seuls posters que je vois vantent des marques de parfums et de cosmétiques.

8 – Si j’étais de Borghesiana, personne ne connaîtrait mon quartier. Il faudrait à chaque fois expliquer, montrer sur la carte et donner des noms de lieux. Mais je suis pas de Borghesiana : mon quartier, tout le monde le connaît, même ceux qui n’y habitent pas. J’habite le lieux le plus balisé du monde. Peut-il encore s’y passer quelque chose ?

9 – Si j’étais de Borghesiana, je me fierais plus au gens qu’au GPS. Mais je suis pas de Borghesiana, et la voix de mon tableau de bord est mon seul guide. Quand mon GPS ne trouve pas une adresse, cela veut dire qu’elle n’existe pas.

10 – Si j’étais de Borghesiana, l’espace ne serait pas plein : il y aurait des champs au milieu des quartiers, et de grands terrains vagues entre les maisons. Mais je suis pas de Borghesiana : chez moi, rien n’est vague, immeubles et maisons s’emboîtent comme les pièces d’un jeu de construction. Pas d’interstices, pas d’imprévu : tout est planifié. Certains jours, j’espère un accident.

11 – Si j’étais de Borghesiana, ma maison, comme toutes celles qui l’entourent, resteraient inachevée : un escalier s’arrêterait dans le vide, une pièce manquerait un mur. Mais je suis pas de Borghesiana : chez moi, les surfaces sont continues, les trottoirs propres, les peintures parfaites, et si quelque chose traîne dans la rue, la police vient l’ôter.

12 – Si j’étais de Borghesiana, j’aurais dû batailler des années pour faire reconnaître mes droits sur la parcelle que j’occupe. Mais je suis pas de Borghesiana : j’ai tout les droits, ou peut-être aucun, il faudrait que je vérifie.

13 – If I were from Borghesiana, I would feel closer to people from Gennevilliers, Newham and Wedding that people from Paris, London and Berlin. But I’m not from Borghesiana: to me, the city limits are a continuous blur.

14 – If I were from Borghesiana, I would grow vegetables in my backyard, and I could even raise chickens. But I’m not from Borghesiana: I buy groceries at my neighbourhood bio-market, and an apple cost as much as a book.

15 – If I were from Borghesiana, my life would be ruled by train schedules and bus routes, and the last train would hang over each night like the knife of a guillotine. But I’m not from Borghesiana: I can always go back home, whatever the time. Sometimes I wish I couldn’t.

16 – Si j’étais de Borghesiana, j’aurais dû défendre ma maison contre la municipalité et ses inspecteurs, plaider, batailler et lutter. Mais je suis pas de Borghesiana, et rien n’a jamais menacé mon logement. Il n’est pas beau, pourtant. Ni confortable.

17 – Si j’étais de Borghesiana, il y aurait des cyprès, des prés, et les Abbruzes. Mais je suis pas de Borghesiana : j’ai l’herbe et les montages en photo, dans un magazine ouvert sur ma table de nuit. Tout les week-end, je me promet d’aller y voir, mais je ne le fait jamais.

18 – Si j’étais de Borghesiana, le sol serait inégal. Partout, des creux et des bosses, obligeant les voitures à rouler au pas. Mais je suis pas de Borghesiana : chez moi, les routes sont planes, et les pentes douces. On glisse sans effort sur les trottoirs, comme dans les tableaux successifs d’un jeu vidéo.

19 – Si j’étais de Borghesiana, j’aurais non seulement dû construire ma maison, mais aussi l’aire de jeux pour mes enfants, et même le terrain de foot du dimanche. Mais je suis pas de Borghesiana : mes enfants dévalent des toboggans signés par des artistes dans des parcs glacés de courants d’airs.

20 – Si j’étais de Borghesiana, il n’y aurait qu’un seul endroit où je verrais des gens d’autres quartiers : à l’hypermarché, là où toute la ville fait provision de bouteilles d’eau, de couches et de céréales. Mais je suis pas de Borghesiana : le seul endroit où je croise les gens de la périphérie, c’est dans l’hypermarchés où je vais chaque mois remplir ma voiture d’huile, de pâte et de lait.

21 – Si j’étais de Borghesiana, il n’y aurait pas d’harmonie : les maisons à un étage côtoieraient les résidences, et les garages empiéteraient sur les potagers. Mais je suis pas de Borghesiana : là où je vis, le moindre mètre carré a été pensé par trois architectes et deux urbanistes. Le paysage n’y est pas plus harmonieux pour autant.

22 – If I were from Borghesiana, I would love to make people believe that my streets have no name, like in the ridiculous U2 song. I would find it amusing that people would be so gullible. But I’m not from Borghesiana and I believe that story. I could believe any tale about the outer suburbs: I’ve never been there.

23 – If I were from Borghesiana, there would be no theatre, no cinemas, and few cafés. Everything would happen right in people’s home, or at church. But I’m not from Borghesiana: there are ten restaurants and two museums right around where I live. I have the membership card, but it’s been punched only once.

24 – If I were from Borghesiana, stream and waterways would overflow with trash. There would be no pools and no fountains, only puddles. But I’m not from Borghesiana: I jog along the river that goes through the city center. There are benches and swindles on the banks, but you can’t touch the water.

25 – Si j’étais de Borghesiana, j’habiterais entre la ville et la campagne, sans bénéficier d’aucun avantages des deux situations. Mais je suis pas de Borghesiana : je suis un urbain qui se voudrait campagnard, qui cultive son jardin de quartier entre deux parking et fait pousser de l’herbe sur son petit balcon.

26 – Si j’étais de Borghesiana, aucune parcelle ne serait laissée à l’abandon : chaque champs, le moindre jardin, serait clôturé, de peur qu’on ne l’annexe. Mais je suis pas de Borghesiana : les rues, les parcs, les jardins restent grand ouverts. Et les caméras veille.

27 – Si j’étais de Borghesiana, mon quartier communiquerait obscurément, presque souterrainement, avec d’autres quartiers similaires à travers le monde. Car les villes communiquent par leurs marges. Mais je suis pas de Borghesiana : je reste figé dans mon immobilité de carte postale.

CURA. Dreams That Money Can’t Buy

Uno spazio libero all’interno del MAXXI in cui le piattaforme di sperimentazione contemporanea selezionate mostrano le proprie attività che spaziano dall’arte all’architettura, dal design alla danza fino ad abbracciare campi più ampi quali l’editoria o l’urbanistica: anche questo è The independent

Primo appuntamento al museo è con due realtà italiane: CURA. e Isola Art Center, con dei progetti pensati appositamente per il museo, attraverso modalità allestitive diverse e rigenerate da talk, perfomance, lectures.

Con Dreams That Money Can’t Buy CURA. presenta la realizzazione di un sogno condiviso, a cui un gruppo di artisti partecipa per la creazione di un atlante iconografico enciclopedico. Una parete di collage con immagini stampate e video che sintetizza la tensione tra occhio e spettatore, tra superficie e collage, tra bidimensionalità del supporto e tridimensionalità dello spazio, ma anche tra immagine, valore, oggetto, presenza-assenza.

Fondato nel 2009 da Ilaria Marotta e Andrea Baccin, CURA. è una piattaforma mobile e propulsiva, dedicata allo scambio e al dialogo tra voci critiche, attività di produzione artistica contemporanea e alla collaborazione con realtà istituzionali e indipendenti

ISOLA. Fight-Specific Isola

Fight-Specific Isola di Isola Art Center descrive una storia neoliberale italiana, una battaglia dei nostri giorni, i cui protagonisti e condottieri sono gli abitanti del quartiere Isola e gli artisti di Isola Art Center.

A raccontare questa lotta lunga tredici anni e la successiva vittoria della difesa e riappropriazione dello spazio pubblico sulla speculazione edilizia e la gentrificazione, una gigantografia fotografica di Paola Di Bello, che ritrae tutti gli attivisti durante il primo compleanno di Isola Pepe Verde, un giardino condiviso e autogestito, creato nell’area di un ex-deposito di materiale edile abbandonato. In mostra anche il libro Fight-Specific Isola, più le serigrafie Lab Fight-Specific Isola e tre video che mostrano i cambiamenti urbanistici del quartiere.


Isola Art Center è una piattaforma aperta di sperimentazione per l’arte contemporanea che ha sede nel quartiere Isola di Milano, che coinvolge artisti, critici, curatori italiani e internazionali, collettivi di artisti, attivisti, architetti, ricercatori e studenti. Il lavoro di Isola Art Center si è svolto per anni in sintonia con le associazioni di quartiere.