Una Repubblica fondata sulle Micronazioni – Il caso Italia

Simone Ciglia

 

L’anno scorso a Gubbio, in località Santa Cristina, si è svolto un summit di capi di Stato. Solo poche pagine online di qualche giornale curioso hanno raccontato di questo vertice, che non ha guadagnato i flash dei fotografi né le luci delle televisioni. I quattordici invitati alla conferenza non siedono, infatti, in alcun seggio delle Nazioni Unite e rappresentano Stati che non compaiono in alcuna mappa politica del globo; portano i nomi immaginosi di: Principato di Aigues-Mortes, Libera Repubblica di Alcatraz, Impero di Angyalistan, Impero di Atlantium, Institute Formori, Granducato di Flandrensis, Regno di Kaprika, Repubblica Reale di Ladonia, Bunte Republik Neustadt, Noseland, Repubblica di Benny Andre Lund, Repubblica federale di StCharlie, Neorepubblica di Torriglia, Repubblica di Uzupis. A ospitare l’assemblea era il territorio di uno di essi, la Libera Repubblica di Alcatraz: è qui che si è riunita per la terza volta la conferenza internazionale delle micronazioni [Fig. 1].

Il termine micronazione (meno frequentemente micro-nazione)[1] si è affermato oggi come onnicomprensivo per descrivere una galassia di fenomeni in precedenza variamente denominati “nazioni modello”, “stati immaginari”, “contro nazioni”. L’uso di questo vocabolo[2] si diffonde nel corso degli anni Settanta del Novecento per designare delle entità che simulano – a vari livelli – stati o nazioni indipendenti. Pur nell’ambiguità che le caratterizza, esse appaiono condividere due caratteristiche essenziali: una ridotta estensione territoriale e la mancanza di riconoscimento da parte della comunità internazionale. Per queste peculiarità il fenomeno delle micronazioni dev’essere tenuto distinto da quello dei microstati, sovrani e riconosciuti (come ad esempio la Città del Vaticano, il Principato di Monaco, il Lichtenstein) e da altre tipologie di organizzazione sociale – quali eco-villaggi, tribù, clan, sette, comunità di vario genere – prive di una struttura statale e rivendicazioni di sovranità. Parimenti non ricadono all’interno di questa classificazione fenomeni come quello delle nazioni non riconosciute (come il popolo palestinese) o secessioniste, dei governi in esilio e dell’autodeterminazione dei popoli[3].

Successivamente alla sua introduzione, l’espressione micronazione è stata estesa in maniera retroattiva per descrivere anche esempi anteriori. Se i primi casi possono essere rintracciati nel XIX secolo, il fenomeno assume una dimensione numericamente considerevole in Occidente nei decenni Sessanta e Settanta del Novecento, riflesso degli ideali libertari dell’epoca. Una nuova e più prepotente reviviscenza prende avvio dalla metà degli anni Novanta per arrivare ai nostri giorni, quando la diffusione del web determina una vera e propria esplosione nello spazio virtuale. Questa recente rinascita dev’essere letta nel quadro più ampio del sistema geopolitico mondiale, che nell’ultimo decennio del secolo ha visto la nascita del maggior numero di stati che la storia ricordi. La globalizzazione, la rivoluzione tecnologica e più recentemente la crisi dei profughi e il terrorismo internazionale sono alcune fra le forze maggiori che hanno contribuito a rimodellare radicalmente il concetto di Stato-nazione.

Il processo di mimesi di uno Stato sovrano attuato dalle micronazioni interessa gli elementi costitutivi essenziali – territorio, popolo e governo – e molte delle prerogative: le micronazioni possono fondarsi su una costituzione, battere moneta, rilasciare varie tipologie di certificazione (principalmente passaporti), essere rappresentate a livello simbolico da una bandiera e un inno nazionale, emettere francobolli, concedere onorificenze (come titoli o medaglie). Dato il vuoto legislativo che disciplina il riconoscimento degli Stati da parte della comunità internazionale, fondato sul diritto consuetudinario, per affermare la propria legittimità le micronazioni fanno spesso appello alla Convenzione di Montevideo sui Diritti e i Doveri degli Stati, stipulata nel 1933 nell’ambito della Settima Conferenza Internazionale degli Stati Americani. Il primo articolo afferma che per essere tale uno Stato debba possedere una popolazione permanente, un territorio definito, un governo e la capacità di entrare in relazione con gli altri Stati (Lamunière, 2009, p. 126). La convenzione prosegue dichiarando che l’attribuzione è indipendente dal riconoscimento delle altre nazioni. Essa fa appello alla cosiddetta Teoria Dichiarativa della statualità, nella quale si afferma che il soddisfacimento dei suddetti quattro criteri comporta la definizione di Stato[4].

La maggior parte delle micronazioni risponde – in tutto o in parte – ai requisiti della Convenzione di Montevideo, anche se i parametri variano enormemente. Per quanto riguarda la popolazione, ad esempio, essa si mantiene generalmente su un ordine di grandezza piuttosto modesto: il minimo è costituito dal solo fondatore (come nel Regno di Talossa, creato dal tredicenne Robert Ben Madison nel 1979) o un nucleo familiare (ad esempio nel Principato di Sealand, una delle più antiche micronazioni tuttora esistenti, fondata nel 1967). Anche l’estensione territoriale è estremamente variabile: può andare da un ambito ridottissimo, come la stanza di un appartamento (ancora il Regno di Talossa o quello di Bannesled) a province disperse su tutto il globo (come State of Sabotage, nato nel 2003). Non è tuttavia soltanto il mondo fisico a ospitare il territorio delle micronazioni: esso può estendersi anche in spazi mentali (come le nazioni concettuali di Nutopia e République Géniale, o lo Stato Mentale Evrugo), territori non-territoriali (Repubblica di Anodyne ed altri) o combinare varie tipologie spaziali (come lo spazio fisico, mentale e digitale del Regno di Elgaland-Vargaland). Ugualmente diverse sono le forme di governo adottate dalle micronazioni: da varie declinazioni della monarchia a nuove concezioni come la remonia (ovvero la Monarchia Repubblicana, caratteristica di Ladonia). Per quanto riguarda infine le capacità di entrare in relazione con altri Stati, pure in questo caso si registrano testimonianze positive: tra gli episodi più celebri vi sono la disputa tra Ladonia e la Svezia. La necessità di ottenere il riconoscimento delle proprie istanze inoltre ha indotto alcune micronazioni a mettere in atto varie forme di associazionismo[5].

Tra i fondatori delle micronazioni si annoverano le personalità più diverse – eccentrici, artisti, truffatori – che riflettono altrettanto disparate motivazioni. Tale pluralità ha condotto alla classificazione di diverse tipologie di micronazioni:

  1. Simulazioni sociali, economiche o politiche.
  2. Simulazioni storiche.
  3. Esercizi d’intrattenimento personale e auto-esaltazione.
  4. Esercizi di fantasia o di finzione creativa.
  5. Strumenti per la promozione di un programma.
  6. Entità create per propositi fraudolenti.
  7. Anomalie storiche e aspiranti stati.
  8. Esercizi di revisionismo storico.
  9. Progetti di nuove nazioni[6].

Situate in un ambiguo territorio al confine tra finzione e realtà, le micronazioni mettono radicalmente in questione lo status quo, agendo a diversi livelli: politico, sociale, economico e culturale. In un censimento in costante crescita numerica, una quota significativa è occupata dalle micronazioni che hanno trovato sede nella penisola italiana[7].

[Fig. 1] PoliNation: 3rd International Conference on Micronation, 2015 (dal sito ladonia.org)

Le Repubbliche italiane. Antecedenti storici

Fra gli episodi storici che anticipano il fenomeno delle micronazioni, uno dei più antichi e longevi interessa il territorio della Penisola. Per quasi quattrocento anni la Repubblica di Cospaia governò un territorio di poco più di tre chilometri quadrati, in quella che oggi è una frazione del comune di San Giustino (Perugia) [Fig. 2]. La sua proclamazione nel 1441 fu dovuta a un errore nei giochi diplomatici che opponevano due superpotenze dell’epoca, lo Stato della Chiesa e la Repubblica fiorentina. In cambio di un prestito, papa Eugenio IV cedette ai Medici il territorio di Borgo Sansepolcro. All’atto di ridisegnare i confini fra gli stati, tuttavia, l’esistenza di due fiumi omonimi a pochi chilometri di distanza fece sì che le frontiere fossero tracciate diversamente. Tra i due corsi d’acqua si configurò allora una terra di nessuno che si proclamò indipendente e fu riconosciuta come tale 43 anni dopo. Sotto il motto di Perpetua et firma libertas, la Repubblica di Cospaia prosperò come zona franca in cui erano assenti tasse e dazi. La coltivazione del tabacco fu una delle principali attività produttive cui si dedicò tradizionalmente la popolazione, che nel XVII secolo sfiorò i 400 abitanti. Causa del suo declino fu proprio il suo statuto eccezionale: diventata covo di contrabbandieri, la piccola Repubblica perse la propria autonomia sotto Napoleone e quindi definitivamente nel 1826 per annessione allo Stato della Chiesa.

[Fig. 2] Antica veduta di Cospaia (dal sito repubblicadicospaia.it)

Tre anni dopo la conclusione di questa vicenda, un nuovo paese comparve sull’atlante delle micronazioni. Fu la Sardegna, terra particolarmente fertile per la storia che stiamo raccontando, a ospitare il Regno di Tavolara. L’epopea della fondazione narra di un eccentrico re-pastore e contrabbandiere, Giuseppe Bertoleoni, che nel 1829 prese possesso di un’isola nel golfo di Olbia. Qui trasferì la sua famiglia, facendo nascere una leggenda che arrivò fino a Carlo Alberto di Savoia. In una data su cui gli storici non sono ancora concordi, il re avrebbe fatto visita all’isola delle famose capre dai denti d’oro, offrendone il territorio in concessione. Facendo leva su questo episodio, fu soprattuto il figlio di Bertoleoni, Paolo, a condurre la lotta per l’indipendenza. La sparizione dei documenti ha tuttavia compromesso i tentativi di ricostruzione della verità storica, ammantando il regno nella leggenda. Alla scomparsa di Paolo seguì una breve parentesi repubblicana prima della restaurazione della dinastia con il successore Carlo [Fig. 3]. Il nuovo secolo segnò l’inizio di un processo d’inarrestabile disgregazione territoriale, cui si aggiunse la perdita dell’isolamento dovuta ai nuovi mezzi di trasporto e comunicazione. Il colpo finale venne dall’occupazione di metà dell’isola da parte della Nato, che ne fece una delle sue basi. La storia del Regno di Tavolara continua però a vivere ancora oggi con l’ultimo esponente della dinastia che, ancora sull’isola, svolge l’attività di ristoratore.

[Fig. 3] La famiglia di Carlo I Bertoleoni in una fotografia della fine dell’Ottocento (da wikipedia.it)

Nuovi risorgimenti: il secondo Novecento 

Il risorgimento per le micronazioni si colloca storicamente nella seconda metà del XX secolo. Il clima di rinascita dell’immediato secondo dopoguerra si riflette in un panorama popolato di nuove presenze. Nelle ultime fasi del conflitto si situa la vicenda della Repubblica Rossa di Caulonia: in questo episodio che ha avuto vita brevissima – quattro giorni appena, dal 6 al 9 marzo del 1945 – si sono condensate le tensioni non soltanto di quel periodo drammatico ma di secoli d’ineguaglianze. Al centro della vicenda c’è infatti la questione agraria, cuore dell’azione politica di Pasquale Cavallaro [Fig. 4], da un anno alla guida del comune di Caulonia (Reggio Calabria). Antifascista e comunista, il sindaco inaugura un’azione riformista che culmina nel programma di redistribuzione delle terre ai contadini. Il giorno precedente la prevista assegnazione, suo figlio viene arrestato: è la miccia che infiamma un’insurrezione popolare, indirizzata contro i latifondisti e le forze dell’ordine. La rivolta si consuma fra violenze, stupri e l’omicidio del parroco del paese. È in questi giorni tumultuosi che viene issata la bandiera comunista che proclama l’indipendenza. La reazione tuttavia non si fa attendere: disconosciuto dal suo stesso partito, Cavallaro viene condannato come mandante dell’omicidio. Con lui finisce anche la storia della Repubblica Rossa, che per pochi giorni ha prefigurato la possibilità di un ordine nuovo.

[Fig. 4] Pasquale Cavallaro, presidente della Repubblica rossa di Caulonia (da wikipedia.it)

L’anno successivo, in un clima storico ormai completamente mutato, sorge una nuova micronazione che avrà vita più lunga, seppure sotto il segno della transitorietà. È proprio quest’ultimo carattere – o, per essere più precisi, la stagionalità – a distinguere la Tamisiana Repubblica di Bosgattia: «libera, indipendente, periodica, transitoria, analfabeta» il suo motto. Essa esiste infatti soltanto nel periodo estivo, per un decennio che va dal 1946 al 1955. In questo periodo il fondatore Luigi Salvini, professore di slavistica, riunisce un gruppo di amici e abitanti della zona su un’isoletta nel delta del Po [Fig. 5]. La vita nella piccola repubblica è scandita dai ritmi della natura, lontana dagli obblighi della vita civile (le mogli non sono ammesse, così come le figlie) e isolata (sono banditi i mezzi di comunicazione); pesca e caccia sono le attività maggiormente praticate. Come ogni micronazione che si rispetti, anche la Tamisiana Repubblica di Bosgattia provvede a battere moneta (il “çievaloro”) [Fig. 6], emettere francobolli e rilasciare passaporti, tutti realizzati a mano: sono gli unici reperti oggi sopravvissuti di quest’avventura, conclusasi per la malattia e la morte del fondatore.

[Fig. 5] Tamisiana Repubblica di Bosgattia (dal blog tonyface.blogspot.it)

[Fig. 6] Banconota da 50 çievaloro della Tamisiana Repubblica di Bosgattia (dal blog http://tonyface.blogspot.it)

Negli stessi anni in cui trascorrono le tranquille estati della Repubblica Tamisiana, una vicenda ben più turbolenta si dipana nel Sud della penisola. Il teatro è un fazzoletto di terra di quattromila metri quadrati lungo la strada Basentana, a un incrocio di strade a Grassano (Matera): è questa la superficie della Repubblica dei Piani Sottani, fondata da Michele Mulieri [Fig. 7]. Di lui resta il memorabile ritratto che ne fece lo scrittore-politico Rocco Scotellaro nel suo Contadini del Sud, oltre a numerosi articoli di giornale incuriositi dal personaggio. Insoddisfatto della «vita ristretta» e della «mentalità chiusa» della vita di paese, Mulieri conduce un’esistenza avventurosa in giro per l’Italia e in Africa, fin quando rimane invalido di lavoro e decide di tornare al paese natale. Le sue vicissitudini lo portano più volte a inoltrarsi nel «labirinto impossibile e contraddittorio della burocrazia»: colleziona scontri con varie autorità – dal maresciallo dei carabienieri che controlla le assunzioni all’Istituto degli Infortuni che gli riduce la pensione d’invalidità – ed è più volte arrestato per oltraggio al pubblico ufficiale. Il periplo burocratico raggiunge il culmine in occasione del suo piano imprenditoriale più ambizioso: con l’intento di dare un futuro alla numerosa famiglia, nel 1950 Mulieri si lancia nella realizzazione di un punto di ristoro lungo la strada in località Piani Sottani. Gli ostacoli frapposti nel corso degli anni dall’Agip, dall’ANAS, dall’Eni, dallo Stato italiano, dalla questura e dalla prefettura, lo spingono alla dichiazione d’indipendenza, che riassume in un cartello sgrammaticato: «Neghligenti, depravati e bastardi italiani / io in persona mi nego a tutte le chiamate / e mi dichiaro Republica assoluto». La storia gli darà ragione: Mulieri riuscirà ad ampliare l’attivita con una rivendita di tabacchi, un ristorante, una postazione telefonica. La sua impresa più memorabile rimane tuttavia la fondazione del proprio Stato che, a metà fra la burla e la bravata, combatté la lotta contro ogni forma di potere.

[Fig. 7] Ritratto di Michele Mulieri in compagnia di un nipote (da: Franco Casalino, Michele Mulieri, La vera storia di Michele Mulieri, Galzerano editore, Casalvelino Scalo, 1982, s. p.)

Se il «fiore velenoso» della burocrazia ha rappresentato uno dei principali nemici della Repubblica dei Piani Sottani, è invece quasi un alleato per il Principato di Seborga [Fig. 8]. Questa enclave di appena quattordici chilometri quadrati oggi in Liguria si proclama indipendente fin dal 954, fondando le proprie rivendicazioni sulla mancata registrazione nel 1729 dell’atto d’acquisto da parte di casa Savoia; l’accordo ne prevedeva peraltro lo statuto di patrimonio personale del re e conseguentemente l’assenza di sovranità. Su queste basi, il Principato ha proclamato nel 1963 la sua rifondazione, eleggendo come sovrano Giorgio I (al secolo Giorgio Carbone). Al suo nome è legata la battaglia per l’indipendenza, che passa attraverso sentenze del tribunale di Sanremo e della Corte Costituzionale. Alla morte del re nel 2009 gli subentra in seguito a elezioni Marcello Menegatto, che assume il nome di Marcello I. Numismatica e filatelia rappresentano alcune delle maggiori fonti d’introiti per il “Principato Libero e Sovrano, retto da norme democratiche”, che vanta rappresentanze all’estero e prosegue a tutt’oggi la sua lotta incruenta per l’autonomia.

[Fig. 8] Una guardia all’ingresso del Principato di Seborga (da: principatodiseborga.com)

Assai più breve è stata la vita di quella che, con ogni probabilità, è la micronazione più celebre sul suolo italiano, fonte d’ispirazione per cinema e letteratura. In appena cinquantacinque giorni si consuma la vicenda dell’Isola delle rose che, proclamata il primo maggio 1968, viene smantellata il mese successivo. È nuovamente un’isola – questa volta artificiale – la forma scelta: una piattaforma di 400 metri quadrati innalzata a 11,6 km al largo della costa di Rimini, in acque internazionali. La sua costruzione si deve all’ingegnere bolognese Giorgio Rosa, che inizia a progettarla fin dal 1956. A spingerlo sono, ancora una volta, l’opposizione all’elefantiaca burocrazia italiana e alla pletora di poteri che a suo dire determinavano le sorti del Paese: gli americani, la Chiesa, i comunisti. Il progetto viene brevettato come «sistema di costruzione di isole in acciaio e cemento armato per scopi industriali e civili» e si traduce con la fondazione di un’apposita società. Dopo i primi sopralluoghi in solitaria nel 1960 e una battuta di arresto, Rosa coinvolge intorno alla sua impresa altri professionisti. Si passa finalmente alla fase operativa: i lavori di costruzione si avviano nel 1964 per terminare due anni dopo [Fig. 9]. Nel 1967 si celebra l’apertura al pubblico e finalmente l’anno successivo la Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj annuncia la propria indipendenza. Lingua ufficiale scelta per il nuovo Stato è infatti l’esperanto. L’intento dei padri fondatori è di creare un’attrazione turistica, e a questo scopo vengono aperti un bar e un ufficio postale. Nel frattempo il caso arriva all’attenzione dello Stato italiano, che interviene rapidamente: il 25 giugno carabinieri e guardia di finanza occupano l’isola. I tentativi di salvare il proprio sogno da parte di Rosa falliscono: dopo essere sopravvissuta a due cariche di esplosivo, il 26 febbraio 1969 in seguito a una tempesta la struttura affonda, e insieme a essa l’utopia di un’intera epoca.

[Fig. 9] L’Isola delle Rose a costruzione ultimata (da it.wikipedia.org)

Ultime notizie dall’atlante delle micronazioni

Dopo due decenni di relativa stasi, il quadrante italiano dell’atlante delle micronazioni torna ad animarsi alla metà degli anni Novanta. Se in questo momento la diffusione del web stimola la proliferazione delle micronazioni nel nuovo spazio virtuale, il nostro Paese rimane fedele alla terra, legando le sue imprese al dominio fisico. L’altra caratteristica che distingue le iniziative in questo campo è la matrice culturale: forse avvertendo una marginalizzazione nello spazio pubblico, la letteratura, il teatro e la satira sembrano cercare nuovi spazi, fino ad arrivare all’iperbole della creazione di un proprio Stato.

Il primo episodio in ordine di tempo ha origine da un cortocircuito con la cronaca. Siamo nel 1996, nei giorni della secessione della Padania da parte della Lega Nord e a Maresca, piccolo paesino nel pistoiese, ci s’interroga sui confini del nuovo Stato: «In quei giorni – racconta Secondo Calibano – ci trovavamo in una strana situazione. […] I confini immaginati dai leghisti passavano proprio qui. Abbiamo cominciato a chiederci con timore: a noi, che siamo così piccoli, dove ci metteranno? Con lo Stato padano o con quel che ne resta dell’Italia? Così, in questa situazione di incertezza, abbiamo giocato d’anticipo, e fieri delle nostre origini etrusche – che poco hanno a che spartire tanto con Roma che con la Padania – abbiamo presentato domanda di riconoscimento come Stato indipendente alle Nazioni Unite» (Graziani, 2015, p. 248) [Fig. 10]. L’autoproclamato Libero Territorio di Mapsulon ha fatto della smodernizzazione il cardine della propria filosofia: le comunicazioni telefoniche internazionali vengono interrotte (restano soltanto alcune ex repubbliche sovietiche, Brunei, Mongolia, Isole Salomone), la televisione bandita, così come il traffico vecolare. Alle istanze ecologiste si congiungono le radici letterarie di questo esperimento. Calibano è infatti uno dei partecipanti del progetto Luther Blisset, pseudonimo di un collettivo che dal 1994 ha condotto una serie di azioni volte a scardinare i meccanismi della comunicazione, dedicandosi anche alla produzione letteraria. In questo settore distingue Mapsulon, che può contare su un giornale – L’Eco di Mapsulon («periodico di comunicazione con il resto del mondo») – e la casa editrice Société éditoriale mapsulonnaise.

[Fig. 10] Dichiarazione d’indipendenza del Libero Territorio di Mapsulon. Piazza Appiano, 15 settembre 1996 (da: https://it-it.facebook.com/mapsulon/)

Dieci anni dopo, la trasformazione in una repubblica è l’ultima evoluzione di una rivista assurta allo stadio di culto: in attività dal 1980, Frigidarie è un bastione della satira che ha vantato fra i suoi collaboratori Andrea Pazienza, Filippo Scozzari e Stefano Tamburini. Dopo aver perso la propria sede romana, il fondatore Vincenzo Sparagna accetta l’offerta del comune di Giano dell’Umbria (Perugia) che mette a disposizione una vecchia colonia fascista ormai in disuso da anni. Qui viene proclamata nel 2006 la Repubblica di Frigolandia (http://www.frigolandia.eu). Del complesso di riferimenti che animano il nuovo Stato sono testimonianza le sue definizioni: Repubblica della fantasia, Accademia delle invenzioni, Ashram socratico, Città immaginaria dell’Arte Maivista, Parco della pace e della poesia, Monastero eurotibetano, Prima Repubblica Marinara di Montagna. Fondata sulla fantasia, la Repubblica rifiuta la definizione di Stato o Nazione per dirsi costituzionalmente «movimento stanziale verso il superamento di tutte le frontiere, una mossa verso l’altrove, una rete planetaria di soggetti nomadi[8]». Il territorio di Frigolandia ospita un parco [Fig. 11], la Jack London’s Hut – una capanna ispirata a quella dello scrittore, poi demolita – il Teatro Naturale di Oklahoma, due case e l’edificio principale che ospita il M.A.M., Museo/Laboratorio dell’arte Maivista, che raccoglie i materiali della gloriaosa storia della rivista e ne prosegue gli ideali.

Il dolce paesaggio umbro ha dato asilo anche a un’altra micronazione di più di recente proclamazione. A pochi chilometri di distanza, nei pressi di Gubbio, si estende il territorio della Libera Repubblica di Alcatraz (http://www.repubblicadialcatraz.com). Lo Stato, che si definisce basato sulla poesia, nasce dall’evoluzione di un centro culturale creato nel 1981 da Jacopo Fo. L’affermazione elettorale di Berlusconi nel 2008 è la scintilla che porta alla dichiarazione d’indipendenza l’anno successivo. Ad Alcatraz si coltivano arti diverse – come teatro, yoga, Tai Chi – e si pratica uno stile di vita sostenibile [Fig. 12].

[Fig. 11] Il cancello d’ingresso del parco di Frigolandia (da: frigolandia.eu)

[Fig. 12] Ingresso della Libera Università di Alcatraz (da: repubblicadialcatraz.com)

Negli stessi anni, un episodio balzato agli onori delle cronache riporta la Sardegna al centro dell’atlante delle micronazioni. Anche questa volta è un’isola – quella di Val di Ventre (Malu Entu in sardo) – il territorio su cui s’innalza la bandiera di una nuova repubblica. L’isola, all’interno di un’area marina protetta, è formalmente di proprietà di una società napoletana. Il 26 agosto 2008 viene occupata da un manipolo di sei militanti del Partidu sardu pro s’indipendentzia, capitanati dal fondatore Salvatore Meloni. Per cinque mesi danno vita alla Repubrica Indipendenti de Malu Entu, proclamando ideali ecologisti [Fig. 13]. La vicenda di Malu Entu si dipana avventurosa fra un primo tentativo di sgombero, un esposto del WWF, l’invasione da parte di un gruppo neofascista, un ictus subìto da uno dei militanti, fino alla capitolazione finale il 30 gennaio 2009 con lo sgombero a opera della Guardia forestale e Capitaneria di porto. Le vincende giudiziare si sono concluse con l’assoluzione in Cassazione nel 2016.

[Fig. 13] Doddore Meloni e gli indipendentisti della Repubblica di Malu Entu (da: lanuovasardegna.gelocal.it)

Note

[1] Per una introduzione alle micronazioni vedi: Strauss, 1979; Fuligni, 1997; O’Driscoll, 2000; Ryan, Dunfort, Sellars, 2006; Bertin-Hoffmann, 2010; Graziani, 2012; Graziani, 2015. I cataloghi delle mostre: Kochta O., Kalleinen T., 2003; Kochta-Kalleinen O., 2005; Lamunière, 2009. Vastissima la presenza in Internet, di cui potremo dare solo un breve saggio nel corso della trattazione. [2] Il termine compare per la prima volta nel 1940 in francese (in Bibliothèque historique vaudoise, Volume 67, della Société historique vaudoise, Société académique vaudoise). A tre anni dopo risale la prima attestazione in lingua inglese, in The battle for Buenos Aires, di Saxtone E. Bradford (Harcourt, Brace and Company, New York, p. 95). Il vocabolo tuttavia è presente per la prima volta in un libro a grande diffusione nell’edizione 1978 di The People’s Almanac #2, a cura di David Wallechinsky e Irving Wallace (Doubleday, p. 330). Qualche anno prima era comparsa la variante micro-nation (A micro-nation, in “The Age”, 26 October 1967, p. 5). Il primo esempio in campo giornalistico è attestato in un articolo apparso su “Time” (8 Ottobre 1973): TOURISM: Red into Black. Altri termini in uso per descrivere il fenomeno sono: ‘cybernazioni’, ‘paese di fantasia’ (phantasy country), ‘paese (o nazione) modello’ (model country or nation), ‘progetto di nuovo paese’ (new country project), ‘pseudonazione’ (pseudonation), ‘contronazione’ (counternation), stato effimero (ephemeral state), ‘nazione online’ (online nation). [3] Una proposta di definizione di micronazione è stata avanzata in un saggio on-line da Peter Ravn Rasmussen, il quale la designa come segue: «[…] un’entità creata e mantenuta come se fosse una nazione e/o uno stato, e che reca con sé alcuni, la maggior parte o tutti gli attributi della nazione, e parimenti generalmente alcuni degli attributi dello stato. Anche se una micronazione può essere iniziata come un mero scherzo, essa ha il potenziale (ammessa l’evoluzione di una cultura nazionale sufficientemente vitale) di svilupparsi in una vera nazione, e possibilmente di raggiungere il riconoscimento a stato». Rasmussen, 2001. Per un’altra definizione di micronazione vedi: Chaudhary M. A., Chaudhary G., 2009, pp. 140-142. [4] Alla Teoria Dichiarativa della Statualità si contrappone la Teoria Costitutiva della Statualità, la quale invece asserisce che, per definirsi tale, una nazione deve godere del riconoscimento da parte della comunità internazionale. [5] Una delle organizzazioni più note e attive è la Lega degli Stati Secessionisti (LOSS), fondata nel 1980 (Lamunière, 2009, p. 79). [6] Questa classificazione è ripresa, in larga parte, dalla voce Micronation di Wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/Micronation (ultimo accesso 9/10/2016). [7] Per un censimento delle micronazioni, il cui atlante è in continuo movimento, vedi la più grande enciclopedia online dedicata all’argomento: http://mw.micronation.org (ultimo accesso 9/10/2016). [8] http://www.frigolandia.eu/?q=node/37 (last accessed 9/10/2016).

Bibliografia

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