Ci sentiamo a nostro agio sulle nostre isole? Abbiamo bisogno di navi più grandi?

Ali Taptik

Una lastra di plastica rinforzata, ricoperta di libri di ogni genere che spaziano da famosi feuilleton a guide fai-da-te – stranamente uno dei generi più in voga in Turchia – è una scena tutt’altro che insolita a Istanbul. L’ammontare dei libri piratati, così come delle copie non ufficiali, è un dato da non sottovalutare. Gran parte delle traduzioni in lingua turca di tali volumi vengono stampate come facsimili in tipografie dislocate nella periferia della città e, per le famiglie della classe media abituate a leggere libri in quantità, questi venditori di libri pirata costituiscono un’importante scappatoia.

Tuttavia, se si pensa a quanto sia arduo per un autore sopravvivere, non difenderò in queste pagine la pirateria che colpisce il mondo editoriale. Eppure, tale fenomeno, da cui non sono esenti neppure altri Paesi del sud del mondo, dà il nome al collettivo di distribuzione indipendente di libri d’artista di cui io stesso sono parte: Bandrolsüz.

Sebbene il tema centrale non sia né Bandrolsüz né tantomeno la pirateria in Turchia, entrambi sono argomenti pertinenti quando si parla di pratiche editoriali indipendenti a Istanbul incentrate sulle arti visive e sui libri d’artista. Ciò che spero di dimostrare è come Bandrolsüz costituisca una piccola isola in mezzo a tante, in un contesto in cui le singole isole sono in grado di trasferire risorse e costruire navi più grandi solo agendo collettivamente.

Ad ogni modo, prima di raccontare la storia che si cela dietro alla scelta del nome Bandrolsüz e di soffermarmi a parlare anche delle altre ‘isole’, è opportuno spiegare alcuni fenomeni locali.

In primo luogo, è necessario porre l’accento su un fatto ovvio, ossia che il concetto di paternità di un’opera non può prescindere dall’editoria. Avventurarsi nel mondo dell’editoria equivale a rivendicare un’autorità celata. Eppure, in gran parte dei casi, le espressioni artistiche di maggior risonanza sono, o quantomeno sembrano essere, quelle di critica contro l’autorità. I pionieri dei libri d’artista in Turchia utilizzavano le loro pubblicazioni come gesti poetici contro l’autorità di alcune mostre, l’istruzione e le pratiche di committenza. Ad esempio, il piccolo libro d’artista di İsmail Saray, Leonardo da Vinci (1978), si pone in dialogo con le mostre pittoriche e scultoree di Stato organizzate dal Ministero della Cultura, celebrando gli artisti che rifiutarono di prendervi parte. Un altro esempio è Artistic Dimensions for Carpenters (1983), di Alparsan Baloğlu che, in ogni pagina, enuncia le dimensioni obbligatorie delle tele a cui gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Istanbul dovevano uniformarsi per l’intera durata del proprio corso di studi. Per fare maggiore chiarezza sulla questione in oggetto, mi piacerebbe esaminare il contesto che fa da cornice all’editoria indipendente legata ai libri d’artista e ai libri d’arte in generale ad Istanbul, analizzandolo in relazione alla pirateria e alle questioni di carattere sociale, economico e burocratico che plasmano questa realtà attiva, seppur non ancora saldamente raccordata.

Innanzitutto, è opportuno ripassare a grandi linee la storia dei libri d’artista in Turchia. Istanbul fu a suo tempo patria di uno dei più illuminati librai al mondo, ma a causa dell’improvviso processo di ristrutturazione in città-stato, ciò sembra essersi smarrito nelle pagine della storia1. In modo simile, come raccontato anche da Yavuz Parlar nella sua tesi di laurea inedita sui libri d’artista in Turchia (2012), tra gli anni ’30 e ’70/’80 del secolo scorso, a Istanbul i volumi illustrati di poesia e prosa venivano prodotti grazie a collaborazioni tra scrittori, poeti e pittori, i quali così facendo andavano a integrare le fila del genere predecessore, vagamente definito, di pubblicazioni d’artista. Non stupisce il fatto che in quegli anni fosse in corso uno scontro tra gli artisti concettuali che studiavano all’estero e gli artisti, in prevalenza scultori e pittori, dell’Accademia di Belle Arti di Istanbul. Fu proprio in quegli anni che si assistette alla produzione di meravigliose pubblicazioni d’artista di modeste dimensioni da parte di artisti del calibro di Serhat Kiraz, Alparslan Baloğlu e İsmail Saray, per citarne alcuni. Gran parte di questi artisti collaborava inoltre con collettivi o gruppi che spesso seguivano pratiche quasi ritualistiche. Sanat Tanım Topluluğu (La Definizione dei Gruppi Artistici, STT) e Koridor (Corridoio) erano due dei gruppi più importanti nell’ambito dei progetti stampati. Mentre STT trattava essenzialmente arte testuale, Corridoio, la cui costituzione è successiva, rappresentava un avvincente progetto di mail art.

È forse a causa del limitato interesse verso questi gruppi e nei confronti dei libri d’artista, che Istanbul dovette attendere fino agli anni ’90 per assistere alla nascita di un editore indipendente specializzato in arte contemporanea e, nello specifico, di “art-ist” di Halil Altındere, che allora esisteva solo come rivista semestrale. In una fase successiva, le pubblicazioni hanno iniziato a riguardare anche monografie di artisti e testi di riferimento relativi all’arte contemporanea della Turchia2.

Ad ogni modo, per la mia generazione un punto di svolta fu segnato dal ritorno di Banu Cennetoğlu che, dopo numerosi anni di attività all’estero, fondò BAS, uno spazio gestito da artisti dedicato alla stampa e ai libri d’artista. In quello stesso periodo, collaborò anche con Philippine Hoegen al progetto editoriale BENT, che produsse quattro libri d’artista e il facsimile postumo di una graphic novel di sei volumi dell’artista armeno Masist GÜL. Attraverso BAS, Cennetoğlu condusse anche delle ricerche su altri collettivi artistici a loro volta interessati agli stampati; uno di questi fu Koridor che, sebbene allora già dissolto da molto tempo, si riunì nuovamente prendendo parte a una conversazione memorabile.

Tornando ora alla storia che si cela dietro il nome Bandrolsüz, occorre fare un passo indietro fino al 2001. Il governo allora in carica, presieduto da Bülent Ecevit, ideò e approvò una legge secondo cui la maggior parte dei materiali coperti dal diritto d’autore prodotti in serie – come i CD, le cassette e i libri – avrebbero dovuto riportare un bollo olografico, in turco detto Bandrol. Ex-poeta e critico d’arte, Ecevit fu l’ultimo Primo Ministro turco di sinistra prima dell’avvento di Erdoğan. Non è difficile immaginare che il requisito del Bandrol fu introdotto per combattere la pirateria ma, tuttavia, complicò ulteriormente la situazione per le case editrici, ora alle prese con una burocrazia ancor più complessa. Oltre a doversi registrare come casa editrice, occorreva anche ottenere l’attestato di editore, senza poi dimenticare l’obbligo di inviare cinque copie di ogni volume pubblicato all’ufficio del governatore (quest’ultima regola, vestigio della costituzione e delle altre leggi redatte dopo il colpo di stato del 1980).

Nel 2011, a quasi un decennio dall’imposizione del Bandrol, apre le porte il primo centro commerciale nel cuore di quello che un tempo era il centro culturale d’Istanbul: Istiklal Street. Un paio di mesi prima, nel settembre del 2010, gli artisti Gamze Özer e Timothee Huguet (fondatori di Bakkalpress), attraverso un’open call, presso la galleria di un agente immobiliare allestiscono una grande mostra dove sono esibiti oltre 200 libri d’artista. La mostra, intitolata Even my mom can make a book (Anche mia madre può fare un libro) fu realizzata con un budget pressoché nullo e senza alcun finanziamento. Esibendo oltre 200 libri provenienti da ogni parte del mondo, il duo riuscì a riunire assieme diversi giovani artisti che galleggiavano in quelle acque tranquille. Quando, qualche mese più tardi, il duo si avventurò in una nuova mostra, la domanda che ci si iniziò allora a porre fu “come facciamo a venderli?”. Così, alcuni degli artisti lanciarono un’iniziativa che prevedeva l’organizzazione di pop-up show cui diedero il nome di Bandrolsüz.

Le pubblicazioni della mostra “Even my mom can make a book” erano prevalentemente prodotte attraverso macchine da stampa digitali off-set, disponibili a prezzi modici nelle copisterie. Per il lettore medio del nord, è facile sottovalutare le copisterie di Istanbul. Spesso, questi frenetici fornitori di servizi sono aziende a conduzione familiare che, piratando vecchi e costosi testi universitari difficilmente reperibili, da un’iniziale macchina fotocopiatrice sono passati a detenere un impero di macchine da stampa digitali, spingendo all’estremo la stampa on demand. Qualunque artista può andare in una copisteria di Istanbul con il PDF di un libro e uscirne un’ora più tardi con in mano una meravigliosa pubblicazione d’artista, sostenendo una spesa assolutamente contenuta. Di conseguenza, molti artisti hanno iniziato a cimentarsi con questi strumenti e a impiegarli per creare libri d’artista a bassa tiratura, venduti da Bandrolsüz in diversi negozi ‘a tempo’.

A questo punto, viene spontaneo chiedersi perché non si siano serviti di librerie. La risposta è che neppure per le librerie erano tempi felici. Non essendo in grado di competere con le vendite on-line e con le economie rampanti che affollavano il cuore della città, molte librerie che sorgevano nei pressi dei centri culturali furono costrette a chiudere i battenti o a trasferirsi in strade secondarie.

Al contrario, uno dei fondatori di Bandrolsüz, Merve Kaptan, assieme a David Unwin, aprirono un proprio spazio espositivo indipendente e una libreria nel cuore del versante asiatico di Istanbul. Torna offriva tutte le pubblicazioni di Bandrolsüz, oltre a vantare una libreria on-line. In un certo senso, l’iniziativa di Kaptan e Unwin creò uno spazio anche per Bandrolsüz.

Mano a mano che le copisterie si ampliarono e iniziarono a svolgere lavori di maggior precisione, il panorama artistico di Istanbul iniziò a vedere artisti riunirsi attorno a certi macchinari o pubblicazioni. Una fotocopiatrice Riso attivata da Ata Kam, uno studio serigrafico gestito da Ha Za Vu Zu e Yaprak Kırdök o, ancora, macchinari tipografici richiamavano i creativi mettendoli in condizioni tali da poter lavorare. Nacquero inoltre delle joint-venture che combinavano all’editoria attività più redditizie, come libri fotografici e caffè nel caso di FiL.

In modo simile, nel 2004 nasce Bantmag, che si propone come rivista culturale alternativa, dedita alla pubblicazione di portfolio e libri fotografici d’illustratori, la quale vanta attualmente un proprio spazio sul versante asiatico della città. Un altro fenomeno recente è The Booklab. Avviato dall’artista tedesco Frederic Lezmi e successivamente sposato anche dal gallerista Kerimcan Guleryuz e dal graphic designer Okay Karadayılar, questa sorta di workshop condensato vuole offrire un’esperienza di co-progettazione agli artisti che lavorano con lo stampato. Principalmente incentrato su lavori fotografici, ritengo che The Booklab abbia ispirato molti docenti universitari di arti visive e di fotografia a integrare il bookmaking nei propri curricula3.

Tutte queste realtà, queste ‘isole’, sono tutt’altro che raccordate tra di loro. Le ragioni di ciò sono sia logistiche sia emotive. Concentrandosi su più aree d’interesse che esulano dal proprio specifico campo artistico (come l’insegnamento, l’attivismo, il giornalismo o la pubblicità), si potrebbe banalmente affermare che gran parte degli artisti in Turchia non ha tempo sufficiente da dedicare alla creazione di una struttura legale di distribuzione di carattere cooperativo che funga anche da centro direzionale. Una struttura cooperativa richiede immensa devozione, apertura e pazienza. Organizzazioni quali Dünyada Mekan, uno spazio di co-working e d’incontro gestito da freelancer e da operai, e DÜRTÜK, un collettivo a supporto degli agricoltori e dei giardinieri locali che si oppongono alle politiche di espropriazione del governo, hanno provato a muoversi in tale direzione. Ma la diffidenza dello stato e il desiderio di una strategia per evitare ad ogni costo che ciò si concretizzi segnano il nostro quotidiano e, di conseguenza, entrambe le comunità in questione non costituiscono delle cooperative ufficialmente legali.

Dopo quanto esposto, vorrei tornare alla mia metafora. Restii nel costruire delle navi solide per attraversare gli oceani, le pubblicazioni d’artista in Turchia possono essere viste come una fragile rete di sforzi entusiastici dalla trama troppo lenta. Questi sforzi si nutrono vicendevolmente, con lavori interessanti e coinvolgenti, come fossero parte integrante di una comunità molto piccola se paragonata alla vasta popolazione di Istanbul. Permangono tuttavia dei quesiti: come possiamo supportare questa produzione? È necessario che questa rete sviluppi organizzazioni e strutture così da navigare nuove acque? In che modo riusciremo ad archiviare questa produzione in un Paese che spesso oscura, ignora o sovrascrive i suoi stessi archivi? Dovremmo piuttosto accantonare tutti questi interrogativi e semplicemente goderci le nostre meravigliose isole? Ma, così facendo, cosa faremo quando arriverà qualcun altro munito di navi più grandi?

Ali Taptık

Giugno 2016


Riferimenti diretti

Altındere, H., Evren, S., Akay, A., & Akakçe, H. (Eds.). (2007). User’s manual: contemporary art in Turkey (Manuale d’uso: l’arte contemporanea in Turchia), 1986-2006. Francoforte sul Meno: Revolver.

Altındere, H., Süreyyya, E., & Revolver ein Label der Vice Versa Distribution GmbH (Eds.). (2015). User’s manual 2.0: Contemporary art in Turkey (Manuale d’uso 2.0: l’arte contemporanea in Turchia) 1975-2015. Berlino: Revolver Publishing.

Parlar, Y. (2012) Artists’ Books in Turkey (Libri d’autore in Turchia) (Master of Arts), Tesi inedita, Università di Yeditepe, Istanbul.

Links

BAS – http://www.b-a-s.info/

Bandrolsüz – http://www.bandrolsuz.org/etkinlik.html

Bakkalpress http://bakkalpress-blog.tumblr.com/

Torna – http://www.tornaistanbul.com/blog_shannonmaypowell.html

Bantmag – http://bantmag.com/

The Booklab – http://www.thebooklab.org/

Dünyadamekan – https://dunyadamekan.wordpress.com/

Onagore – http://www.onagore.com/

Folio – http://www.magazine-folio.com/interimprojects.html

Too many Books – http://www.toomanybooks.co.uk/

Bakkalpress – http://bakkalpress-blog.tumblr.com/

Reccollective – http://www.reccollective.org/

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1La mia tesi si basa su una posizione che vede la Dichiarazione di Riforma del 1839 come il primo tentativo di modernizzazione promosso dallo Stato.

2Come nel caso di Manual (2007) e Manual 2.0 (2015), potremmo serenamente affermare che art-ists sia riuscito nell’intento di occupare una posizione autoritaria.

3 Mentre scrivo questo pezzo, il Dipartimento di Fotografia del Centro di Applicazioni Fotografiche e di Ricerca dell’Università di Belle Arti di Mimar Sinan ha organizzato il primo festival del libro fotografico mai tenuto in Turchia e l’evento ha riscosso un buon successo.